Una presa di posizione politica che mutò a guerra ultimata, quando scosso e traumatizzato dopo quanto vissuto, si professò non solo pacifista, ma addirittura dedicò la sua maturità artistica al racconto della guerra e della vita quotidiana postbellica.
Lo stesso orrore fu denunciato quindi da Otto Dix a fine guerra, secondo una visione artistico stilistica intriso di soggettività emotiva e più intenso di denuncia sociale sotto uno sguardo più oggettivo possibile: un oggettivismo così glaciale però, che non poteva esulare dal toccare alcune corde di forte espressività; un nuovo espressionismo, di stampo tedesco, definito Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività).
Oltre che alla società a lui attuale, il ricordo traumatico di Dix si rivelò in alcune sue opere ben mirate, volte a denunciare i ricordi della guerra vissuta dall’artista: di forte impatto è la serie di acqueforti del 1924, una serie che racconta in una visione macabra quanto accaduto su entrambi i fronti da lui combattuti.
Di forte impatto è Il suicidio in trincea, che raffigura un soldato ormai scheletrico (lo scheletro è il simbolo del male e della morte), morto in seguito alla sua decisione di togliersi la vita, evidentemente colpito da quanto vissuto in prima persona.
Ne IL TRITTICO DELLA GUERRA (1929-1932), Dix, crea una vera e propria apoteosi di morte, sofferenza, strazio e angoscia.
Nel primo dei quattro quadri che compongono il polittico, vengono rappresentati i soldati nel momento in cui giungono sul campo di battaglia. Gli zaini sono gonfi e pesanti, il cielo promette tempesta, una nebbia densa, che forse simboleggia quella che sarà presto prodotta dai gas asfissianti, rende grigio l'ambiente e consente solo di intravvedere sullo sfondo delle rovine.
L'opera centrale manifesta esplicitamente la tragedia che imcombeva nel quadro precedente.
Al centro si vede un cadavere straziato, impigliato nelle rovine di un edificio distrutto dalle bombe. In basso un soldato ridotto quasi a fantasma, avvolto in un mantello, con il volto celato dalla maschera antigas. Intorno alle figure umane, sono rappresentate con tratti lividi e drammaticamente aggrovigliati le rovine lasciate dall'esplosione delle bombe: membra staccate dai corpi, polvere, fango, travi bruciate.
Al centro si vede un cadavere straziato, impigliato nelle rovine di un edificio distrutto dalle bombe. In basso un soldato ridotto quasi a fantasma, avvolto in un mantello, con il volto celato dalla maschera antigas. Intorno alle figure umane, sono rappresentate con tratti lividi e drammaticamente aggrovigliati le rovine lasciate dall'esplosione delle bombe: membra staccate dai corpi, polvere, fango, travi bruciate.
Nel terzo dipinto viente rappresentato sotto un cielo fiammeggianteun uomo che ha mantenuto tratti riconoscibili, e sembra quasi essere l'ultimo rappresentante dell'umanità, tenta di sollevare un cadavere, ma la desolazione del paesaggio ci fa capire che il tentativo di salvarsi dal baratro della guerra è destinato all'insuccesso.
L'ultimo quadro rappresenta una cassa in cui sono accumulati cadaveri ormai in decomposizione: la tragedia trova il suo compimento.
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